TSUNAMI IN ITALIA:VULCANO MARSILI

12.06.2012 19:06

 

 

CATANIA — Il vulcano sommerso Marsili si è risvegliato. Nel Tirreno Meridionale cresce così la possibilità di tsunami dovuti ad improvvisi eventi franosi lungo i versanti della montagna sottomarina.

L’allarme è stato lanciato da Franco Ortolani, ordinario di Geologia e Direttore del Dipartimento di Pianificazione e Scienza del Territorio, Università di Napoli Federico II.Il maremoto più recente è avvenuto il 30 dicembre 2002 a Stromboli. Ha inondato una fascia costiera fino ad altezza di alcuni metri sul livello medio del mare. Ha danneggiato seriamente le case più vicine al mare e ferito alcune persone. Si è trattato di un maremoto innescato da una frana sottomarina.

In passato le aree interessate da tsunami sono state la Liguria (14 eventi), lo Stretto di Messina-Sicilia Orientale-Calabria meridionale tirrenica-Isole Eolie (23 eventi); l’Adriatico (10 eventi); il Golfo di Napoli (10 eventi); la Toscana (3 eventi); la Sicilia settentrionale (2 eventi); la Sicilia meridionale (2 eventi); la Calabria settentrionale ionica (1 evento) e il Lazio (1 evento).

La massima altezza raggiunta dalle onde è stata di 15 metri, contro le decine dello tsunami del 26 dicembre 2004 in Indonesia.

La ricerca ha evidenziato che il maggior numero di maremoti in Italia è stato provocato da grandi e rapide frane sottomarine innescate prevalentemente da terremoti avvenuti anche in aree distanti dalla costa. I fenomeni più gravi si sono verificati nel Tirreno Meridionale-Stretto di Messina-Sicilia Orientale.

Uno degli tsunami più forti che si siano mai registrati in Italia è quello del 1783 che colpì la Calabria tirrenica, innescato da un sisma dell’undicesimo grado della scala mercalli. Le coste calabresi da Messina a Torre del Faro e da Cenidio a Scilla furono devastate. Il mare travolse la costa per quasi 2 chilometri. L’onda più alta fu registrata a Marina Grande (Scilla). In molte altre località (Peloro, Torre del Faro, Punta del Pezzo) il fronte d’acqua raggiunse 6 metri d’altezza.
In epoca più recente, si ricorda lo tsunami causato da una frana dello Stromboli nel 2002. Fu un evento limitato ma che indica il potenziale pericolo delle regioni meridionali italiane. A preoccupare quindi non solo possibili scosse o eruzioni molto violente. Lo tsunami può essere causato anche da crolli e frane dovuti all’attività vulcanica. Come sappiamo, l’arco eolico è estremamente attivo.
Negli ultimi anni è stata accertata la presenza di un vulcano sottomarino molto pericoloso. Si tratta del vulcano Marsili. Si trova circa 140 km a nord della Sicilia e circa 150 km a ovest della Calabria. E’ il più grande vulcano d’Europa, essendo esteso per 70 km in lunghezza e 30 km in larghezza. Il monte si eleva per circa 3000 metri dal fondo marino, raggiungendo con la sommità la quota di circa 450 metri al di sotto della superficie del mar Tirreno. Sappiamo che il vulcano è attivo. Un’eruzione potrebbe provocare una tremenda onda di tsunami che potrebbe spazzare via le coste di Campania, Sicilia e Calabria. L’Ingv sta intraprendendo esami e studi dettagliati per conoscerne meglio l’effettiva pericolosità e studiare eventuali segnali premonitori.
Anche l’Adriatico è esposto potenzialmente ai pericoli di uno tsunami. Il primo avvenne nel 1511 nel Nord Adriatico e causò un innalzamento del mare a Trieste. Il secondo, ben più grave, colpì l’area tra il Gargano e il Molise nel 1627 (onde alte fino a cinque metri si abbatterono tra Fortore e San Nicandro, nei pressi del lago di Lesina, e colpirono anche Termoli e Manfredonia). Nel 1672 un maremoto interessò l’Adriatico centrale, causando inondazioni a Rimini. Sempre fra Rimini e Cervia si verificò un innalzamento del mare, in seguito a un terremoto, nel 1875.