STORIA DEI TAROCCHI
I tarocchi sono mazzi di carte da gioco la cui origine non è stata ancora dimostrata con certezza le teorie più diffuse ne indicano la nascita in Italia settentrionale nel periodo compreso tra la fine del Medioevo ed il Rinascimento. Secondo altre linee di ricerca, tra cui alcune risalenti agli inizi di questo secolo, l'origine sarebbe molto più antica I tarocchi sono formati da 78 carte, dette anche "lame" e sono costituiti da due gruppi: gli arcani maggiori e gli arcani minori.
Il primo gruppo è costituito da 22 carte illustrate con figure umane, animali e mitologiche, anticamente chiamate "trionfi" e, solo a partire dal XIX secol "arcani"; il secondo insieme conta 56 carte suddivise nelle 4 serie di semi della tradizione italiana: denari, coppe, spade e bastoni Ogni serie, costituita da 14 carte, include 4 figure, definite anche onori (fante, cavaliere, regina e re), e 10 carte numerali.
I tarocchi furono creati per un gioco di carte didattico, in particolare la sequenza dei trionfi fu pensata per l'insegnamento della dottrina cattolica; in seguito sono stati usati per diversi giochi di carte a scopo ludico. A partire dal XVIII secolo, inizialmente soprattutto in Francia i tarocchi sono stati usati a scopo divinatorio e sono diventati lo strumento più utilizzato nella cartomanzia.
Secondo alcune ipotesi storiografiche, sino al 1500 le carte furono soprannominate Ludus triumphorum
A partire dal 1600 circa, ovvero circa un secolo dopo la creazione del mazzo più antico oggi conosciuto (i Tarocchi milanesi classificati come Visconti-Sforza), in Italia fu utilizzato il termine tarocco (o tarocchi) la cui etimologia è tuttora oscura. Tuttavia, la definizione corretta non sarebbe da cercare nel termine tarocco (o tarocchi) ma nel lemma Tarot (sostantivo singolare) usato a livello linguistico internazionale gli esperti hanno rilevato che analizzando Tarot si ottiene Rota, che in latino significa Ruota (cioè la Ruota astrologica al centro della via dei Tarocchi che, per sua natura, è caratterizzata dalla circolarità, parimenti espressa dalla presenza delle due T all'inizio ed alla fine della parola stessa). Oppure hanno evidenziato che in Tarot è contenuta la voce Tora, il sacro testo degli Ebrei; o che Tar-ro, in egizio, vuole dire “Via Regale,” e così via. Aldilà della validità di queste inferenze è fondamentale servirsi di precise chiavi di decifrazione in quanto queste 78 immagini sarebbero connotate da un'ordinata Struttura Cifrata costituita da un sistema di codici e leggi la cui individuazione e risoluzione fornirebbe il corretto approccio di analisi per indagarne l'autentico significato.
Storia
Secondo alcuni studiosi le immagini dei Tarocchi comparvero per la prima volta in Europa nel XIV secolo e le 22 carte degli Arcani Maggiori sarebbero di derivazione italiana. A suffragio di questa supposizione vi sarebbe una citazione del 1442, in due inventari del ducato estense di Ferrara, del pagamento della fornitura di Carte da trionphi. Tuttavia, è fortemente in dubbio che potesse trattarsi delle stesse carte conosciute come tarocchi in quanto a quell'epoca esistevano altri giochi denominati "Triumphi" (come il già citato "gioco dei Trionfi del Petrarca" conosciuto tramite un inventario fiorentino della prima metà del Quattrocento).
Secondo altre teorie, i Tarocchi sarebbero molto più antichi e nel corso del primo millennio il loro contenuto, si sarebbe disperso ed i primitivi simboli si sarebbero disseminati dando vita ai tanti giochi, spesso del tutto lontani dalla fonte originaria, creati nelle epoche successive. Secondo lo storico d'Allemagne ed il lessicografo Du Cange nel 1337, negli statuti dell'Abbazia marsigliese di San Vittore fondata dal monaco Giovanni Cassiano, si rinverrebbe il più antico riferimento riferito al gioco di carte (compresi i Tarocchi) attualmente conosciuto, cioè la menzione del divieto di svagarsi con il Paginae (in latino pagina, carta, pergamena) Infatti, questi generi di divertimento, ed in particolare le carte, erano talmente abusati da tutta la popolazione, inclusi aristocratici e religiosi, che furono emanate numerose ordinanze per la loro proibizione, almeno in luoghi di culto quali l'interno delle cinta murarie dei monasteri. Paginae sarebbe l'arcaico nome del gioco di carte poiché nel 1408 i termini “carta” e “carta per giocare” vengono usati nella stessa frase per definire il medesimo gioco (fatto che, per inciso, spiegherebbe il perché la parola naip, utilizzata in spagnolo per designare le carte, potrebbe provenire dal fiammingo knaep che, parimenti, significa carta).
Aldilà delle ipotesi storiografiche, sappiamo che risale ad un periodo anteriore al 1447 la creazione di un mazzo per il duca milanese Filippo Maria Visconti (morto nel 1447). Questo gioco è oggi il più antico tra quelli conosciuti ed è conservato alla Yale University Library di New Haven (Connecticut). Un altro mazzo praticamente identico a questo, ma più frammentario, è conservato alla Pinacoteca di Brera a Milano. In entrambi i casi tutte le carte sono miniate col fondo in foglia d'oro o d'argento e lavori di punzonatura. Il loro prezzo non è pervenuto ma era certamente molto alto in quanto simili opere erano riservate solo alle corti signorili. Questi Tarocchi furono quasi certamente dipinti dal pittore di corte Bonifacio Bembo, come si evince dalle affinità stilistiche con altre opere dello stesso artista. Ulteriori frammenti di mazzi sono di origine ferrarese: per esempio i Tarocchi detti di Carlo VI conservati alla Biblioteca Nazionale di Parigi; quelli detti "di Alessandro Sforza" conservati al Museo di Castel Ursino a Catania; quelli di Ercole I d'Este conservati alla Yale University Library. Il fatto che quasi tutti questi giochi (ed altri più recenti) siano giunti incompleti è evidentemente legato alla fragilità del supporto cartaceo ed alle citate persecuzioni che subirono le carte da gioco (spesso soggette a roghi oppure sciolte nel macero per ricavarne cartapesta da riutilizzare). Non prima del 1450 fu realizzato il mazzo più completo a noi pervenuto, cioè i Tarocchi di Francesco Sforza, legato ai Visconti nel governo del ducato di Milano. Lo stemma ed il motto Visconteo "à bon droyt" compaiono assieme ai simboli araldici della famiglia (un sole raggiante; tre anelli con diamanti intrecciati; il biscione). Il mazzo, conservato in tre gruppi separati, si trova presso l'Accademia Carrara di Bergamo (26 carte), la Pierpont Morgan Library di New York (35 lame) e la famiglia Colleoni di Bergamo (proprietaria di 13). Questi mazzi e le loro varianti si diffusero nell'Italia settentrionale con diverse interpretazioni illustratrive: per esempio, nella versione ferrarese la Luna è rappresentata da uno o due astrologi, mentre in quella viscontea una donna tiene una mezza luna nella mano destra; nei Tarocchi ferraresi il Matto è un buffone tormentato da alcuni bambini mentre in quelli lombardi è un mendicante gozzuto (evidente allusione al gozzo, cioè la tipica malattia dei montanari della zona prealpina). A volte i mazzi erano realizzati in occasione di matrimoni signorili ed in tal caso gli emblemi dei due sposi erano dipinti sulla carta dell'Innamorato.
Tecniche di Stampa
Le tecniche che nel corso dei secoli si sono susseguite per la creazione dei Tarocchi e per le carte da gioco sono state innumerevoli pergamena o incisi su tavolette di legno; nei secoli successivi, si passò dall'uso degli stampi in legno di pero (o affini per morbidezza e robustezza) come matrice per i tratti, congiuntamente agli stampini (i cosiddetti pochoirs o stencil) per l'applicazione dei colori. Verso la metà del XV secolo, le tecniche di stampa furono perfezionate prima con la xilografia, poi con la calcografia e, alla fine del secolo, con l'invenzione dei caratteri mobili. Il progresso della stampa fece nascere le prime fabbriche di mazzi di tarocchi, che erano stampati su foglio unico, numerati, rozzamente colorati e tagliati. Il prezzo era superiore alle carte comuni, dato il maggior numero, come ci informa un registro fiscale bolognese del 1477. Tuttavia la stampa introdusse sul mercato mazzi a basso costo che favorirono la diffusione del gioco. Nell'Ottocento, in concomitanza con la rivoluzione industriale, si passò all'uso delle macchine di stampa quadricromiche (che modificarono notevolmente i colori più antichi di certi cartai) ed oggigiorno i Tarocchi sono disegnati e riprodotti soprattutto mediante tecnologia informatica (penne grafiche e digitalizzazione).
Funzione dei Tarocchi
possiamo dire che negli ultimi due-tre secoli i principali approcci d'indagine sono stati due:
- Il Modello Storico-Documentale: i Tarocchi come passatempo ludico.
- Il Modello Filosofico ed Esoterico: i Tarocchi come immagini sapienziali.
L'antico gioco del Tarocco
Uno dei modelli di ricerca più conosciuti dal grande pubblico è appunto quello che tratta il tema dal punto di vista storico Nel complesso, questo tipo di approccio sostiene che i Tarocchi, creati in Italia nella metà del Quattrocento circa,sarebbero stati un passatempo ricreativo analogo ai giochi di carte da cui deriverebbero. Il credito di cui gode questa teoria da un lato deriva dal fatto che il mazzo più antico oggi conosciuto è quello quattrocentesco dei Visconti
Rispetto al gioco dei Tarocchi, purtroppo manca una documentazione scritta prima del XVI secolo che ragguagli sia l'uso che la disposizione delle carte, e non ci sono manuali di un periodo antecedente il XVIII secolo. Inoltre, una ricostruzione delle regole è impossibile sia perché queste variavano da città a città sia perché i tipi di giochi erano molto numerosi e caratterizzati da strategie complesse. Ciononostante, conosciamo alcune indicazioni di base. Per esempio, i partecipanti potevano essere da due a sette; era permesso lanciare segnali ai giocatori e scommettere sulla posta; ciascuno poteva tenere in mano fino venti carte; si trattava di un gioco di presa, in cui si calava una volta a testa e si era obbligati a rispondere al seme o alla carta in modo ciclico. Le briscole, ossia i Trionfi (gli Arcani Maggiori), avevano maggior valore delle carte numerali, compreso l'Asso (privo di una posizione di privilegio). La numerazione dei Trionfi permetteva a quello più alto di vincere su quello più basso. Il Matto non entrava nel gioco (valeva solo come punteggio) ed alla fine della partita vinceva chi aveva totalizzato il massimo dei punti. Come già anticipato, a causa dello sfrenato uso che dei giochi di carte si fece, sia presso i ceti popolari che quelli aristocratici o religiosi, cominciarono ad apparire divieti ed invettive tra cui, nel 1480, il 'Sermones de ludo cum aliis' dove un anonimo predicatore domenicano si scagliava contro l'uso dei Tarocchi, ed in particolare dei Trionfi. Tale documento riveste un interesse peculiare poiché riporta l'elenco delle figure con i nomi e la disposizione attualmente noti, seppur accompagnati da note di profondo sdegno per il fatto che Angeli, Virtù cardinali, Imperatore e Papa e perfino Dio Padre fossero raffigurati in un gioco profano. Il predicatore terminava condannando l'inventore del mazzo, cioè il Diavolo, colpevole di trascinare l'uomo nel vizio. La pratica di condannare il gioco di carte era così diffusa che persino San Bernardino da Siena le stigmatizzò in un famoso sermone tenuto a Bologna nel 1423, dopo il quale fu acceso un rogo per bruciare mazzi di carte, dadi ed altre vanità. Poiché nei secoli successivi i vari governi tentarono di reprimere o almeno limitare il gioco senza risultati convincenti, si giunse al compromesso di tassare le carte e creare disposizioni di fabbricazione e commercio in modo da scoraggiare evasioni, contraffazioni e contrabbando. Il bollo, ora non più in uso, era applicato solitamente sull'Asso di Denari. L'uso dei tarocchi come carte da gioco si trova ancor oggi in molte aree italiane e francesi. Il tarocco siciliano è ancora giocato in quattro paesi della Sicilia:Barcellona Pozzo di Gotto, Calatafimi, Tortorici e Mineo. A Bologna si usa il tarocchino bolognese, le cui regole originali sono conservate dall'Accademia del tarocchino bolognese. A Pinerolo si usa il tarocco ligure-piemontese. In Francia si usa il Tarot nouveau; qui le regole sono fissate dalla Fédération Française de Tarot.
Oltre a questo tipo di passatempo, i Tarocchi furono utilizzati come giochi di abilità verbale. Nelle lunghe serate a corte, infatti, non di rado si utilizzavano le figure per comporre frasi e motti che dovevano ispirarsi alle carte estratte ed i 22 Trionfi potevano anche essere abbinati (o appropriati, come si diceva) a persone e gruppi, specialmente gentildonne oppure note cortigiane. Molti di questi sonetti sono giunti fino a noi: poesiole comiche, satiriche, mordaci, scritte solitamente in ambiente cinquecentesco. Probabilmente, in questo ambito colto vanno a collocarsi due mazzi: quello cosiddetto del Mantegna ed il Tarocco Sola-Busca, realizzato con la tecnica dell'acquaforte tra il XIV e il XV secolo. In quest'ultimo le 22 carte dei Trionfi raffigurano guerrieri dell'antichità classica e biblica, mentre le carte numerali rappresentano scene della vita quotidiana e, in parte, operazioni di alchimia, come ha dimostrato nel 1995 la studiosa Sofia di Vincenzo.
Anche Pietro Aretino si occupò di Tarocchi nella sua opera Le carte parlanti che ebbe un discreto successo e godette di varie ristampe
Tarocco esoterico
Negli ultimi secoli si è sviluppato un secondo modo di operare i Tarocchi definibile esoterico ed occulto. Già dalla fine del Settecento, gli esponenti di questa corrente di pensiero sostengono che queste immagini sono un Libro di Saggezza proveniente dai tempi più remoti e ne fanno risalire la nascita all'antico Egitto. una delle prime dichiarazioni fu quella del pastore e studioso francese Antoine Court de Gébelin che nel 1781 ricopriva da anni la carica di censore reale sotto Luigi XV. De Gébelin, anche presidente del Musée, rinomata società letteraria parigina del tempo, era una figura di spicco di certi ambienti francesi, amico degli enciclopedisti Diderot e D'Alembert, degli scienziati Franklin e Lalande, dei teorici della rivoluzione Danton e Desmoulins e dell'eroe dell'indipendenza americana La Fayette, iniziati presso la loggia massonica Le Nove Sorelle della quale fu Maestro Venerabile per due anni. Nel 1783 un indovino di moda, Aliette, sotto lo pseudonimo di Eteilla (1750-1810), creò un tarocco fantasioso che pose in relazione con l'astrologia e la cabala ebraica. Alphonse Louis Constant, alias Éliphas Lévi (1816-1875), nonostante il grande intuito, disdegnò i Tarocchi di Marsiglia trovandoli "exoterici" e, in Dogma e Rituale dell'Alta Magia, propose una versione "esoterica" del Carro, della Ruota di Fortuna e del Diavolo. Inoltre, collegò i 22 Arcani Maggiori con l'alfabeto ebraico e la mistica ebraica e rinnegò i 56 Arcani Minori considerandoli di poco valore. Concentrandosi in via quasi esclusiva sui Maggiori, li aveva descritti grazie alla Cabala giungendo a considerarli quali chiavi universali per l'accesso a tutti gli antichi dogmi religiosi. Gérard Encausse, sotto lo pseudonimo di Papus (1865-1917), seguendo le idee di Lévi, si permise di creare Tarocchi con i personaggi egizi illustranti una struttura cabalistica. Arthur Edward Waite, per far combaciare i Tarocchi con le 22 vie dell'Albero della Vita che uniscono le 10 sephirot della medesima Tradizione cabalistica, scambiò il numero VIII della Giustizia con il numero XI della Forza; trasformò l'Innamorato in Gli Amanti; rivisitò a suo modo il Matto, spogliandolo di qualunque valenza esoterica, falsificando in questo modo il significato di tutti gli arcani. Aleister Crowley, occultista appartenente all'Ordo Templi Orientis, cambiò anche i nomi, i disegni (e quindi il significato) e l'ordine delle carte: la Giustizia diventa il Giudizio; Temperanza diventa l'Arte; il Giudizio diventa Eone ed i Fanti ed i Cavalieri, eliminati, sono sostituiti da Principi e Principesse. Oswald Wirth, occultista svizzero massone e membro della società Teosofica, disegnò da sé i propri Tarocchi introducendo negli arcani non soltanto abiti medievali, sfingi egizie, numeri arabi e lettere ebraiche al posto dei numeri romani, simboli taoisti e la versione alchemica del Diavolo inventata da Éliphas Lévi, ma si ispirò anche alla grossolana versione di Court de Gébelin. Joseph Maxwell in Le Tarot, le symbole, les arcanes, la divination (I Tarocchi, i simboli, gli arcani e la divinazione), non solo fu il primo autore a tornare alle origini, riconoscendo che i Tarocchi di Marsiglia (in particolare quelli di Nicolas Conver) fossero un linguaggio ottico e che, per comprenderlo, era necessario osservarlo, ma individuò per primo che il Matto è la chiave per cogliere la Struttura Cifrata presente nei Tarocchi a partire dal Triplice Settenario. All'inizio del Novecento un noto autore, Paul Marteau, nel suo libro Le Tarot de Marseille riprodusse le sue carte. Questo evento, insieme a tutte le deviazioni di cui sono stati oggetto i Tarocchi in questi ultimi due secoli, ha rappresentato il "colpo di grazia" per i Tarocchi di Marsiglia. Infatti Marteau, pur perseguendo la strada dello studio dei Tarocchi iniziata da Maxwell, commise due grandi errori: per un verso il suo mazzo è soltanto un'approssimazione dell'originale (i disegni sono, infatti, l'esatta riproduzione dei Tarocchi di Besançon pubblicati da Grimaud alla fine del XIX secolo, che a sua volta riproducono altri Tarocchi di Besançon pubblicati da Lequart e firmati "Arnault 1748." ); inoltre, modificò alcuni dettagli originali, forse per imprimere il proprio marchio e poter commercializzare il "prodotto" incassandone i diritti d'autore. Per di più, conservò i quattro colori di base imposti dai macchinari tipografici invece di rispettare gli antichi colori delle copie dipinte a mano. Per comprenderlo, è necessario sapere che i principi adottati come presupposti di ricerca sono riassumibili in questo modo:
- Gli esoteristi hanno ipotizzato che il mazzo d'origine, i Tarocchi di Visconti-Sforza, fossero imperfetti e per questo bisognosi di modifiche e miglioramenti. Quest'idea ha condotto al tentativo di “perfezionare” il loro simbolismo nel corso delle generazioni e ha portato all'incredibile numero di mazzi, dal presunto valore esoterico, ridisegnati negli ultimi secoli.
- Non è mai stata data particolare rilevanza alla pura rappresentazione dei disegni; ciò che contava è sempre stato, principalmente, il loro valore come simboli. In sostanza, non aveva importanza come un oggetto fosse rappresentato, quanto che senso gli si potesse attribuire. In questo modo si è creata una notevole divergenza di pareri in merito al significato simbolico ed un contemporaneo disinteresse rispetto a come i tratti, i colori ed in generale le immagini dovessero essere o fossero state eseguite.
- Il numero complessivo delle carte, 78 (22 Arcani Maggiori + 56 Arcani Minori) e la posizione dei soggetti raffigurati, in relazione alla sequenza numerica, di volta in volta non sono stati giudicati essenziali. Per questo, coloro che si sono dedicati ad una rielaborazione dei Tarocchi hanno creato mazzi con numeri di Arcani spesso diversi e con immagini collocate in maniera arbitraria e variegata.
I tarocchi del Mantegna
Probabilmente inciso prima del 1467, questo mazzo di 50 carte fu erroneamente attribuito ad Andrea Mantegna, ma per lo stile è collegato all'ambito ferrarese. Questo tarocco non ha alcun riferimento alle carte Visconti - Sforza: mancano infatti i semi e Fante, Cavallo, Regina, Re Il mazzo, di cui si conoscono due serie, soprannominate E ed S è suddiviso in cinque gruppi di dieci carte. L'ordine numerico corrisponde a una precisa gerarchia d'importanza. Ogni gruppo inizia con Le condizioni umane, prosegue poi con Apollo e le Muse, le Arti e le scienze , con particolare riferimento alle Arti Liberali Nel Medioevo cristiano erano considerate superiori alle Arti meccaniche tra cui figuravano quelle visive. Successivamente si passa agli Spiriti e alle Virtù, poi ai Pianeti e le Stelle dell'Universo, aderenti alla classica visione di Tolomeo e infine all'Ottava Sfera, al Primo Mobile e alla Prima Causa, cioè Dio.
I tarocchi di Marsiglia
Non abbiamo riferimenti per la datazione dei tarocchi di Marsiglia così chiamati per la città della Francia che ha goduto di una posizione di monopolio nella produzione di questo tipo di carte pur non avendole inventate; sebbene i primi mazzi conosciuti risalgano al XVIII secolo, lo stile delle carte a semi italiani fa propendere per l'origine latina di questo tipo di mazzo, probabilmente diffusosi dalla Lombardia in territorio francese. Uno dei modelli più conosciuti dei tarocchi di Marsiglia fu inciso su legno dal francese Claude Burdel nel 1751. Egli aveva contrassegnato Il Carro con le sue iniziali, mentre la sua firma per esteso compare sul 2 di denari. Le figure sono intere, e - relativamente agli Arcani maggiori - recano la denominazione in francese e sono contrassegnati da numeri romani. La morte non aveva nome. Le scritte erano in un francese sgrammaticato, spesso privo di accenti e apostrofi. Gli abiti delle figure, pur nella loro forte stilizzazione, si riferiscono a prototipi rinascimentali. Il mazzo fu poi rielaborato correttamente dal francese Grimaud, e ristampato nel XIX secolo.
I tarocchi di Besançon
Come per Marsiglia, la città non può vantare la paternità di queste carte da tarocco a semi italiani. Il più antico mazzo di questo genere databile con certezza risale al 1746, e ne conosciamo sia il fabbricante - Nicolas Laudier - sia l'incisore, Pierre Isnard. Le eccezioni più notevoli sono i Trionfi II, la Papessa, trasformata in Giunone, e il V, il Papa, diventato Giove tonante.
La composizione dei Trionfi marsigliesi
È questa forse la principale forma definitiva attualmente usata. Molti tarocchi fantastici si ispirano a quelli marsigliesi. Vale quindi la pena di darne una descrizione più accurata:
I - Il Bagatto (le Bateleur). La parola ha origini latine e sta ad indicare "figura da poco", "bagatella", cosa di nessun conto. Rappresenta un giovane uomo con un grande cappello e abiti vistosi, posto in piedi davanti a un tavolo, su cui figurano monete, vasetti, dadi, coltelli, una borsa. L'uomo regge nella mano sinistra un bastone dorato.
II - La Papessa (La Papesse). È forse una delle figure che ha dato luogo a maggiori discussioni, dal momento che nessuna donna ha mai avuto accesso al soglio di Pietro. In taluni mazzi è stata sostituita da Divinità o altre carte. La donna ha un triregno in capo, è seduta su un trono ricoperto da un velo e ha in mano un libro aperto.
III - L'Imperatrice (L'Imperatrice). Una donna in trono, con la corona in testa, ha in mano uno scettro col globo sormontato dalla croce (da sempre simbolo di impero). Regge con la mano destra uno scudo con un'aquila araldica, e ha due ali aperte sulla schiena.
IV - L'Imperatore (L'Empereur). Un uomo barbuto, seduto in trono di profilo, con una gamba incrociata sull'altra, regge uno scettro con la destra. Sotto al Trono è appoggiato uno scudo con un'aquila araldica.La carta è evidentemente collegata col potere terreno.
V - Il Papa (Le Pape). Seduto in posizione frontale, il Pontefice col Triregno regge un pastorale a croce con tre traverse. Ai suoi piedi, di statura notevolmente inferiore, sono inginocchiati due chierici. Il Papa ha la barba canuta, probabile allusione alla sua saggezza.
VI - L'innamorato (L'Amoreux). Sotto un grande cupido alato, pronto a scoccare la sua freccia, un giovane sta in piedi tra due figure femminili, una vestita più poveramente dell'altra. I critici sono concordi nell'identificare questa lama col mito di Ercole, che dovette scegliere tra Vizio e Virtù.
VII - Il Carro (Le Chariot). Un carro visto in modo rigidamente frontale, è condotto da un giovane guerriero incoronato, mentre trattiene saldamente due cavalli, uno blu ed uno rosso, che tendono a scartare in posizioni opposte.
VIII - La Giustizia (la Justice). È questa una delle quattro Virtù cardinali citate nel mazzo, da cui manca la Prudenza. Una donna in trono regge con la mano sinistra una bilancia dai piatti allineati, e con la destra una spada. Questo Trionfo contiene in sé l'idea di equilibrio e di punizione.
IX - L'Eremita (L'Hermite). Un vecchio barbuto, appoggiandosi ad un bastone, avanza reggendo una lampada. Non si può fare a meno di pensare a Diogene che, reggendo una lampada affermava di cercare l'uomo.
X - La Ruota della Fortuna (La Roue de Fortune). Questa immagine, largamente conosciuta e rappresentata nel Medioevo, raffigura una ruota sormontata da una sfinge alata con corona e spada, con due esseri mezzo uomo e mezzo animale arrampicati ai suoi lati. Già in epoca medievale la Ruota era usata per ricordare la vanità delle conquiste e dei beni terreni.
XI - La Forza (La Force). Una donna con un ampio cappello in testa chiude le fauci di un leone. È una delle quattro Virtù cardinali raffigurata nel mazzo.
XII - L'Appeso (Le Pendu). Un uomo è appeso per un piede a un palo retto da nodose travi di legno. La gamba libera è piegata verso l'interno. La carta raffigura una pena praticata realmente durante il Medioevo, sia dal vero sia in effigie, a chi si rendeva reo di tradimento. Questo tipo di pittura, detta infamante, era solitamente affidata a mestieranti, ma a volte ad artisti di rilievo, come Sandro Botticelli e Andrea del Sarto.
XIII - La Morte (a volte lasciata senza scritta) - Uno scheletro con una falce cammina in un campo cosparso di mani e di teste. La figura è collegata con l'iconografia medievale del Trionfo della Morte molto diffusa nel Medioevo e nel Rinascimento, in cui uno o più scheletri si trascinano, in fila o in una danza macabra, regnanti, Papi e altri soggetti solitamente di alto livello sociale.
XIV - La Temperanza (La Temperance). Altra virtù cardinale. Un Angelo con la veste bipartita in due zone di colore blu e rosso, versa un liquido da un'anfora all'altra reggendole entrambe con le mani.
XV - Il Diavolo (Le Diable). Un essere cornuto dal viso sghignazzante, le ali di pipistrello, i seni femminili, i genitali maschili, le gambe caprine, sta in cima a un piccolo ceppo a cui sono legati due diavoletti. Gli zoccoli e il ghigno osceno sono mutuati dalle classiche immagini greche del dio Pan.
XVI - La Casa di Dio (La Maison Dieu). Una torre che ha come tetto una corona, viene scoperchiata da una lingua di fuoco, mentre due figure umane cadono al suolo e piccole sfere riempiono l'aria. La costruzione evoca la Biblica torre di Babele, talmente alta che Dio punì gli uomini confondendo il loro linguaggio.
XVII - La Stella (L'etoile). Con questa carta si abbandona il mondo umano e si entra in quello spiritualmente superiore. Otto stelle, di cui la centrale molto più grande, sormontano una donna nuda che versa per terra acqua da due anfore. Sul fondo, un minuscolo albero su cui canta un piccolo uccello.
XVIII - La Luna (La Lune). Seconda lama della serie degli astri la Luna splende rotonda in cielo ma con il volto raffigurato di profilo, mentre gocce colorate partono dalla terra verso di essa. In primo piano un Gambero, legato zodiacalmente al segno del Cancro, esce da una pozza d'acqua. Due cani ululano e due torri sullo sfondo sembrano custodire il paesaggio.
XIX - Il Sole (Le Soleil). Un grande sole radiante sparge gocce su due gemelli ritti in piedi vicino a un basso muretto in mattoni.
XX - Il Giudizio (Le Jujement). Un angelo esce da un nembo colorato suonando la tromba, mentre tre piccoli corpi sorgono da un avello Anche questa immagine, frequentissima nel Medioevo, può farsi risalire ai numerosi miti sulla fine del mondo presenti in molte religioni antiche. Il più importante riferimento è certamente l'Apocalisse di San Giovanni, ultimo libro del Nuovo Testamento. Questa carta corrisponde all'Angelo di altri mazzi da gioco.
XXI - Il Mondo (Le Monde). La carta rappresenta una donna seminuda che regge due bastoncini nelle mani. Essa è circondata da una mandorla di foglie, mentre ai quattro lati della carta compaiono i simboli Tetramorfi degli Evangelisti: un Angelo (San Matteo) un'Aquila (San Giovanni) un Toro (San Luca) e un Leone (San Marco). La carta compendia, se pur in forma elementare due figure geometriche, il cerchio e il quadrato, che erano considerate il simbolo della perfezione.
Il Matto (Le Fou). La lama non è numerata e può essere inserita sia all'inizio sia alla fine del mazzo. Un giullare girovago, col cappello a sonagli, che regge su una spalla un fagottino con le sue poche cose, si avvia verso una strada non meglio identificata, rincorso da un cane che gli sta lacerando una calza. Una figura analoga si trova nel tarocco del Mantegna, ma è chiamato il Misero.
Le Minchiate
Comparso a Firenze, questo curioso mazzo di novantasette carte fu chiamato così con probabile attinenza al membro virile, ma anche per indicare che il gioco di carte non era da prendersi sul serio. Godette di grande fortuna soprattutto nell'Italia centro settentrionale, ma fu poi gradualmente abbandonato. Le Minchiate sono una curiosa variante regionale, completamente alterata, del tarocco tradizionale. Le prime trentacinque carte, dette Papi sono seguite da cinque carte chiamate Arie: la Stella, la Luna, il Sole, il Mondo e il Giudizio finale detto Le trombe. I semi sono Denari, Coppe, Bastoni, Spade. Gli onori sono detti Cartiglia e presentano centauri al posto dei cavalieri. Tra le altre carte mancano la Papessa e il Papa, mentre sono stati aggiunti il Granduca, le quattro Virtù Cardinali, le tre Teologali, i quattro Elementi, i dodici Segni zodiacali.
Il tarocchino bolognese
Bologna, che è stata uno dei centri in cui il gioco era più attivamente praticato, non ci ha lasciato alcun mazzo completo prima del XVII secolo. I questo periodo si giocava una nuova forma di tarocco a mazzo ridotto di 62 carte, anche se non abbiamo indicazioni precise sulla data in cui vennero eliminate determinate carte. I tagli erano relativi alle carte numerali, ad esclusione degli Assi. Né il tarocchino è l'unico esempio di contrazione del mazzo: a Venezia il gioco della Trappola prevedeva trentasei carte.
Il tarocchino bolognese trionfò in questo periodo grazie a vicissitudini particolari: tra il 1663 e il 1669 un artista bolognese fantasioso e versatile, Giuseppe Maria Mitelli (1634 - 1718) incise un libro sui tarocchini dedicato a Prospero Bentivoglio. I fogli dovevano poi essere tagliati e incollati dal giocatore. In periodo della Controriforma e con sensibilità tutta barocca, il Mitelli trasformò il mazzo eliminando la figura della Papessa e ridisegnando i Trionfi. Così l'Appeso è un uomo condannato alla pena capitale che aspetta che il boia gli fracassi il cranio con un martello; la Stella è un mendicante che avanza nella notte con una lanterna; la Luna e il Sole sono ispirati ad Artemide e ad Apollo, il mondo è un globo sorretto da un gigantesco Atlante. Anche le carte numerali hanno disegni fantasiosi, mentre nell'Asso di denari l'artista ha inciso il suo ritratto con la firma.
Un altro tipo di tarocchino bolognese, tuttora usato se non altro per la divinazione, risale al 1725 e fu ideato dal canonico Montieri. L'autore aveva indicato le diverse forme di stati europei, audacemente situando Bologna sotto un governo misto, laico-clericale. Dal momento che la città era inserita nei domini dello Stato Pontificio, la cosa fu giudicata irrispettosa e l'audace prelato fu incarcerato. Il senato bolognese trovò un accordo facendo sostituire le icone irriverenti con figure di mori.[13] In una data non precisata della seconda metà del Settecento, il tarocchino fu uno dei primi mazzi che suddivise le figure in due metà speculari.
Il tarocco Piemontese
Grazie alla sua vicinanza alla Francia, ma forse anche per influenza dell'Italia settentrionale, il Piemonte conobbe e usò ben presto i tarocchi, che sono ancora uno dei pochissimi mazzi di questo genere in produzione. Alla fine del XIX secolo fu introdotto il tipo a due teste, senza dubbio utile ai giocatori che non dovevano girare le carte ogni volta che si presentavano rovesciate. Le poche variazioni rispetto al mazzo tradizionale sono date dall'uso dei numeri arabi al posto di quelli romani, dalla testa del Matto, Associata a una farfalla, dal Giudizio, detto Angelo, dove i morti emergono dalle fiamme, collegandosi con l'iconografia popolare delle anime del Purgatorio.
I tarocchi contemporanei
Lo straordinario interesse che si è sviluppato intorno ai tarocchi dall'Ottocento in avanti ha spinto numerosi artisti contemporanei a reinterpretare le misteriose figure. Fra gli italiani si possono ricordare Franco Gentilini, Renato Guttuso, Emanuele Luzzati [1], Ferenc Pinter e Sergio Toppi. Fra gli artisti non italiani spiccano Salvador Dalí e Niki de Saint-Phalle, autrice del fantastico Giardino dei Tarocchi costruito a Garavicchio, presso Capalbio.
Numerosi illustratori hanno realizzato nuovi mazzi, talvolta in collaborazione con storici e letterati. Per esempio, i Tarocchi di Dario Fo sono stati dipinti dal figlio Jacopo su progetto del Premio Nobel Dario Fo, mentre allo scrittore Giordano Berti si deve la sceneggiatura di dieci mazzi realizzati da vari illustratori.
A Riola, in provincia di Bologna, è stato istituito da tempo un Museo dei Tarocchi con un'ampia raccolta di carte.
Il gioco dei tarocchi
Il gioco tradizionale giocato coi tarocchi sin dalla sua origine è variato poco, anche se innumerevoli varianti esistono in tutta Europa. Si tratta di un gioco di prese simile al tressette, alla briscola, al whist o al bridge, in cui i Trionfi o Arcani giocano il ruolo delle "briscole", cioè delle carte più forti.
Il mazzo è composto da 22 Arcani Maggiori o Trionfi e da 56 carte divise in quattro semi, quindi ogni seme è costituito da 14 carte, le prime dieci numerate da uno a dieci più quattro carte vestite: Re, Regina, Cavaliere e Fante.
La forza delle carte
Per decidere le prese l'ordine di priorità delle carte dalla più alta alla più bassa è:
- Gli Arcani Maggiori a partire dal XXI (Il Mondo) fino allo 0 (Il Matto)
- I Re
- Le Regine
- I Cavalieri
- I Fanti
- Le carte numerate dal dieci all'uno (Asso)
A parità di carta giocata, la forza è decisa dal seme.
La forza dei semi
In ordine decrescente:
- spade
- coppe
- denari
- bastoni
Quindi, ad esempio, il tre di denari è più basso del tre di spade.
Il valore delle carte
Al termine della mano il valore delle carte per determinare il punteggio è:
- Il Mondo (XXI) vale 5 punti
- Il Bagatto (I) vale 5 punti
- Il Matto (0) vale 4 punti.
- Il Re vale 5 punti
- La Regina vale 4 punti
- Il Cavaliere vale 3 punti
- Il Fante vale 2 punti
- Tutte le altre, dal X al I, ogni 3 carte 1 punto.
Il mazziere
Il mazziere, cioè colui che distribuisce le carte all'inizio di ogni mano, è sorteggiato mediante la pesca di una carta da parte di tutti i giocatori all'inizio della partita. Chi pesca la carta più bassa sarà il primo mazziere. La carta considerata più bassa è l'asso di bastoni, quella più alta è l'Arcano XXI (Il Mondo). Il giocatore che pescasse l'Arcano 0 (Il Matto) dovrà ripetere il sorteggio.
Una volta scelto il mazziere, egli farà mescolare il mazzo da chi sta di fronte a lui, farà tagliare a chi è immediatamente alla sua sinistra e distribuirà le carte in senso antiorario partendo da chi è immediatamente alla sua destra. Nel caso di una partita a tre giocatori il mazziere distribuisce 25 carte agli altri due giocatori e 28 a sé stesso, mentre nel caso di una partita a quattro le carte distribuite sono 19 ed al mazziere ne rimangono 21.
Successivamente il mazziere deve scartare un numero di carte pari a quello eccedente rispetto a quello degli altri giocatori, che vanno così a far parte del suo monte (cioè delle sue prese) seguendo però queste regole:
- Non è possibile scartare Trionfi.
- È possibile scartare un Re solo nel caso in cui non si abbia nemmeno un Trionfo.
La mano
Il giocatore che sta immediatamente a destra del mazziere, inizia il gioco calando una carta. Gli altri giocatori sono obbligati a giocare una carta dello stesso seme; nel caso non ne abbiano devono giocare un Trionfo, nel caso non abbiano nemmeno Trionfi possono giocare una carta a loro scelta. Chi ha giocato la carta più forte le prende tutte e tre e le raccoglie nel proprio monte. Sarà lui a continuare il gioco giocando la carta che preferisce.
Il Matto
Il Matto è indubbiamente la carta più caratteristica dei Trionfi, e può essere giocata in qualunque momento facendole assumere un qualsiasi valore corrispondente ad un'altra carta; è usata nel conteggio dei punti come carta speciale al posto di un'altra carta che non si possiede.
È interessante notare il parallelo tra il Matto dei tarocchi e la figura del Jolly nelle carte francesi (rappresentato spesso come un giullare): il soggetto rappresentato e il loro uso sono simili. Se non si ha il seme, degli arcani minori, da rispondere occorre giocare un arcano maggiore e se si ha solo il matto si gioca quello.
Gioco in Piemonte
In Piemonte, nel gioco dei tarocchi sono presenti alcune prassi e alcune eccezioni alle regole base.
Prassi
> Il mazziere distribuisce le carte ad ogni giocatore, tutte insieme (25 se si gioca in 3, 19 se si gioca in 4)
> Se un giocatore all'inizio della mano non ha né figure né tarocchi le carte devono essere distribuite di nuovo
> Il mazziere non può mai scartare un Re nemmeno se non ha tarocchi
> Non si può iniziare la prima mano con tarocchi
Eccezioni
> se in una mano vi sono sia il Trionfo n° 20 ("L'Angelo") e il n° 21 ("Il Mondo"), il 20 prende sul 21 *
> se in una mano non vi sono né figure né tarocchi, nei semi lunghi (spade e bastoni) prende la più alta, nei semi corti (denari e coppe) la più bassa
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regola da concordare
- per le carte da uno a dieci, a denari e coppe il più basso batte il più alto.
Il conteggio dei punti
Finite le carte, ogni giocatore prende quelle che formano il suo monte e le conta a tre per volta nel caso di partita a tre o quattro per volta nel caso di partita a quattro.
I punti realizzati variano a seconda della composizione delle tre o quattro carte che si contano a fine mano, se fra queste carte c'è una sola carta di quelle specificate sopra, il valore sarà dato da quella carta (per es. il Re 5 punti, la Regina 4 e così via). Se nelle 4 carte sono presenti due o più figure si sottrae un punto ogni figura in più (ad es: un Re, una Regina + due carte semplici il valore invece di 9 sarà 8).
Il pareggio si ottiene a 26 punti, chi ne fa di più vanta un credito corrispondente ai punti realizzati oltre i 26, chi ne fa di meno ha un debito. Quando si è completato il giro, cioè ogni giocatore ha fatto da mazziere, il vincitore della partita è quello che ha più crediti.
Nella variante a quattro normalmente si gioca in coppia ed il pareggio si raggiunge a 36 punti.
Giocare da fuori
In alcune zone, nel gioco a 3, è permesso giocare da fuori: nella 3ª mano, il giocatore che raggiunge un credito di 26 punti, può dichiarare di aver vinto (a prescindere dal punteggio che raggiungeranno gli altri) e, da quel momento in poi, deve giocare in modo da non favorire nessuno degli altri due. Le regole sono
> Quando si è di mano si devono giocare prima tutte le carte franche o supposte tali, poi tutti i tarocchi
> Quando si risponde si deve giocare sempre la più alta delle più piccole.
È necessario annotare che i puristi del gioco non amano chi "gioca da fuori"