storia monacheismo
monachesimo (dal greco monachos, persona solitaria) è un modo di vivere la propria religiosità, caratterizzata da alcune rinunce agli interessi terreni (=mondani), per dedicarsi in modo più completo all'aspetto spirituale coinvolgendo la propria esistenza.
Molte religioni hanno creato elementi monastici: Buddhismo, Cristianesimo, Induismo, Giainismo, Taoismo anche se la loro espressione differisce considerevolmente.Nell'Oriente asiatico, vi è un vasto ed articolato fenomeno che comprende numerose religioni (Induismo, Giainismo, Buddhismo, Taoismo) e numerose nazioni (Giappone, Cina, Indonesia,Myanmar, India, Tibet,
Nell'Induismo] il fenomeno è legato sia a determinati stadi della vita, quali ilsannyāsa, durante il quale si pratica la rinuncia e la povertà, sia alla scelta di praticare la rinuncia per dedicare l'intera vita alla spiritualità: è il caso dei sadhu. Tali pratiche, testimoniate nei Veda, risalirebbero al 2000 a.C.
Nel Giainismo l'esperienza monastica assume particolare importanza. Nel 79 d.C. uno scisma produsse le due scuole principali, attive ancora adesso: a partire da quella data si distingue tra monaci digambar "vestiti di cielo", che rinunciano a qualsiasi possesso, compreso cibo e vestiti e shvetambar "vestiti di bianco".
Il fenomeno del monachesimo è rilevante nell'esperienza del Buddhismo il monaco-mendicante finisce in alcuni casi per essere considerato l'unico vero discepolo del Buddha. Il Buddhismo tibetano pone nelle mani dei monaci e dei lama anche il potere temporale.Mentre le invasioni barbariche rendevano drammatiche le condizioni di vita delle popolazioni dell'Impero Romano d'Occidente, andarono costituendosi e prendendo vigore diverse istituzioni ecclesiastiche e religiose, che presto si sarebbero rivelate forze costruttive di una nuova civiltà. Tra esse il monachesimo, nei secoli che vanno dal IV all'VIII, è forse la più importante. C'erano tanti tipi di monaci che sono: gli eremiti e gli anacoreti che nei primi secoli del Cristianesimo, si stabilivano nel deserto, nelle foreste o in regioni montuose, dove potevano vivere da soli, senza quasi avere contatti con gli altri, per dedicarsi completamente alla preghiera. I cenobiti vivono in un monastero, compiendo il loro servizio sotto una regola e un abate.
Il concetto di Monachesimo Europeo proviene dal Medio Oriente; infatti l’ascetismo religioso e la vita monastica non sono peculiari del Cristianesimo, ma rappresentano forme in cui l’anima ha cercato in ogni tempo di tradurre la propria sete del divino. Nel IV secolo, in Egitto, inPalestina e in Siria, sulla scia di Antonio il Grande e di altri Padri del deserto, si fecero sempre più numerosi coloro che abbandonavano completamente il mondo per vivere nella solitudine (eremos, da cui il termine di eremita, per indicare gli asceti viventi nel deserto) oppure per associarsi insieme in conventi o cenobi (dal termine greco coinobios, indicante vita in comune), onde ricercare una comunione più intensa con Dio ed innalzarsi verso la santità. In ambito cristiano, Antonio è considerato l'iniziatore della via eremitica e Pacomio di quella cenobitica.
Il monachesimo viene preceduto dall'anacoretismo: i fedeli più intransingenti, spinti da una forte vocazione si separavano dal resto delle comunità per meglio avvicinarsi a Dio, seguendo lo stile di vita di Cristo. Gli anacoreti o eremiti sono coloro che rinunciano completamente al mondo, scegliendo una vita fatta di silenzio e di preghiera, per tendere alla perfezione attraverso la penitenza. Esempi di vita eremitica sono, nell'Antico Testamento, Elia, nel Nuovo, San Giovanni Battista. Lo stesso Gesù condusse vita eremitica nel deserto per quaranta giorni prima di iniziare la sua predicazione.
Il monachesimo degli albori si fonda sulla libertà individuale del monaco che liberamente sceglie la vita solitaria. Ma ben presto si diffuse il sistema delle Regole. La Regola era posta dal Maestro e aveva lo scopo di organizzare la vita comunitaria. Tra le Regole più famose si ricorda quella di San Benedetto da Norcia, esemplificata nel motto: Ora et labora (prega e lavora).
I monaci nell'Europa Orientale si davano con fervore, che talora rasentava la frenesia, ad intense pratiche ascetiche (dal greco aschesis=esercizio), le quali univano alla preghiera ed alla meditazione ogni sorta di mortificazioni della carne, talora durissime o stravaganti addirittura, come l'astensione dal cibo, dal sonno o dal lavarsi per periodi più o meno lunghi, oppure l'infliggersi flagellazioni e torture. Tra questi, particolari furono gli stiliti e i dendriti che trascorrevano la loro vita rispettivamente su una colonna e su un albero.
Il monachesimo rappresentò in sostanza una grande rivolta dello spirito autenticamente cristiano contro il pericolo di mondanizzazione della Chiesa. Come tale, esso costituì per secoli la grande riserva di forze spirituali della Chiesa ed ebbe importanza storica decisiva nello sviluppo della civiltà cristiana nel mondo mediterraneo.
Dopo il IV secolo il monachesimo cominciò a diffondersi in Occidente: San Girolamo a Roma, Sant'Agostino in Africa, San Severino nel Norico, San Paolino a Nola, San Martino e San Giovanni Cassiano nella Gallia si fecero promotori dell’ideale monastico (sull'esempio di quello orientale) e monasteri famosi sorsero nel V secolo a Tours e ad Arles ad opera dei vescovi S. Cesario e S. Aurelio (autori di importanti Regole).
Cassiodoro, il ministro di Teodorico, fallita la sua politica di fusione tra Romani e Goti, abbandonò la corte gotica, si rifugiò nei suoi possedimenti nella natia Calabria e fondò un monastero a Vivarium, in cui trascorse gli ultimi anni della sua vita.
A dare al monachesimo del cristianesimo cattolico la sua particolare fisionomia operosa, in confronto a quello del cristianesimo ortodosso più portata alla contemplazione e all'ascetico, fu però un giovane, discendente da una famiglia della piccola nobiltà provinciale dell’Umbria: San Benedetto da Norcia (480-543). Ritiratosi a vita eremitica a Subiaco, San Benedetto aveva veduto crescere attorno a sé un gruppo di seguaci, insieme ai quali, trasferitosi successivamente nelle vicinanze di Cassino, aveva fondato il monastero di Montecassino, il più importante centro monastico dell’Occidente.
All’incirca negli stessi anni in cui i giuristi bizantini, per ordine di Giustiniano, lavoravano alla sistemazione del diritto civile romano nel Corpus iuris civilis, San Benedetto gettava le fondamenta della nuova società monastica, con la compilazione della sua Regola.
La regola benedettina è informata tutta allo spirito pratico dell’antica Roma, fondendolo armonicamente con la spiritualità cristiana. Per San Benedetto i monaci non debbono essere soltanto dei contemplanti: il loro motto dovrà essere ora et labora. La regola fu scritta originariamente per il solo monastero di Montecassino, ma venne presto adottata come regola per eccellenza del monachesimo cattolico.
Mentre il mondo occidentale è sconvolto dalle invasioni barbariche, i monasteri benedettini creano un nuovo tipo di società basata, anziché sul concetto romano della proprietà privata, su quello cristiano della solidarietà collettiva.
I monaci coltivano le terre circostanti al monastero, o almeno le fanno coltivare dai propri coloni, difendendole dall’abbandono e dall’inselvaticamento. Attorno a loro, si raggruppano in cerca di protezione famiglie coloniche, che trovano rifugio all’ombra del convento.
Il monastero diventa così il centro di un piccolo mondo economico auto-sufficiente; anche i prodotti artigianali od industriali necessari alla sua esistenza vengono prodotti al suo interno da monaci o da servi ministeriales dipendenti dal convento. Il sovrappiù della produzione viene posto in vendita; così, non di rado, attorno al convento sorge anche un centro di scambi commerciali, un mercato, una fiera. Proprio nel corso dell’VIII secolo si ebbe nell’economia dell’Italia longobarda un'accentuata tendenza alla formazione di estese proprietà fondiarie, concentrate nelle mani dei grandi signori laici o delle chiese. Parte cospicua di questa concentrazione della proprietà andò a vantaggio dei grandi monasteri benedettini, accrescendone l’importanza. In linea di principio, almeno, i beni degli enti religiosi erano inalienabili e gli abati dei monasteri spesso amministratori capaci.
Ciò condusse alla diffusione di nuovi sistemi di conduzione dei fondi, che molto giovarono alla graduale ricostruzione della ricchezza fondiaria. Tra questi da citare i contratti di livello (così detto dal libellum sul quale stavano scritti i patti del contratto), per cui un fondo veniva ceduto in uso ad un coltivatore, in cambio di un canone, per lo più in natura, o quelli di enfiteusi, per cui un fondo era ceduto per lunghissimo tempo ad un minimo canone annuale, a patto che il coltivatore vi introducesse delle migliorie. Così allo spopolamento dei secoli precedenti cominciò a subentrare una maggiore densità di coltivatori nelle campagne, unita ad una rinascita delle colture specializzate, come quella della vite e dell’olivo, in luogo del pascolo e della cerealicoltura estensiva.
In mezzo ad un’età di sovrani analfabeti e di regresso della civiltà, nei monasteri benedettini gli amanuensi negli scriptoria, continuano a copiare le opere degli scrittori antichi cristiani e pagani. Nei monasteri convivono quindi pacificamente insieme romani e barbari, affratellati dalla comune fede e dalla comune obbedienza alla Regola. I monasteri benedettini costituiscono, per tutto il Medioevo, importanti centri di diffusione culturale.
Accanto a quello sempre più importante di Montecassino, sorsero numerosi monasteri, fra cui emergono per importanza quelli di Nonàntolanell'Emilia, di Farfa nella Sabina, di San Vincenzo al Volturno nell’Italia meridionale, della Novalèsa in Val di Susa. Questi cenobi accolsero tra le loro mura tanto latini che barbari, favorendo la fusione dei due popoli, mantennero in vita le tradizioni culturali dell’antichità e del cristianesimo, favorendo la diffusione della civiltà romana tra i Longobardi.
Un cenno a parte meritano i Cistercensi, un ordine di monaci dediti alla beneficenza, e quello dei Templari.
Il Fenomeno del monachesimo segnò la storia della Chiesa fin dai suoi primi inizi. Esso risponde ad un intimo bisogno di vitalità interiore, sentito da uomini e donne, disposti ad isolarsi dal mondo in stato di verginità per rimanere in stretto contatto con Dio. La posizione dei monaci non va però vista come un completo isolamento dal mondo, ma piuttosto come una testimonianza di quei valori che più contano alla luce della fede. Infatti i monasteri divennero ben presto punti di riferimento per molte persone che, pur vivendo in mezzo alle ordinarie vicende della vita, ricorrevano ai monaci per ricevere luce e forza per risolvere i loro problemi.Un grande centro di civiltà monastica sorse inoltre nell’Irlanda e da lì si allargò nell’Inghilterra, con i cenobi di Armagh, di Iona, di York. I monaci irlandesi si diressero poi verso la Germania, le Gallie e l’Italia, convertendo pagani ed ariani e fondando sempre nuovi monasteri. Tra questi ultimi da citare quello di Bobbio, fondato in Italia da San Colombano, e quello di San Gallo, costruito dai suoi compagni nella Germania. Anche i monaci irlandesi coltivarono attivamente studi letterari o religiosi, come testimonia la copia dei manoscritti di autori classici o cristiani lasciata dai loro amanuensi e la fantasiosa ricchezza delle miniature che li adornano. I monaci irlandesi contribuirono alla formazione della cultura europea dell’età carolingia.
Iniziati con un netto distacco dalla vita comune con gli eremiti, i vari ordini monastici sentirono il bisogno di creare delle comunità, dove i singoli membri collaboravano al bene di tutti, pur conservando il loro personale rapporto con Dio. La scelta monastica costituiva una posizione particolare, in un clima di libertà, nella società del tempo che non concepiva altre condizioni di vita al di fuori di quella militare o civile.
La storia del monachesimo pervade tutto 1'arco della presenza del cristianesimo nel mondo e registra le variazioni proprie dei tempi. Non fu un'alternativa alla Chiesa gerarchica, ma piuttosto un elemento portante di essa, tanto che nell'alto medioevo dai monasteri venne la spinta più efficace al rinnovamento e alla riforma delle stesse strutture ecclesiastiche.
I monasteri compirono anche la funzione di luoghi di culto e permisero ai monaci di dedicarsi agli studi sia dell'antichità che dei ternpi nuovi. Lo spirito di preghiera, elemento fondamentale della loro esistenza, e il tempo dedicato all'orazione vennero interpretati dai monaci come mezzo per supplicare Dio per le necessità della Chiesa, trasformando la comunità orante in uno dei più validi sostegni della sua azione apostolica.
Fin dai primi tempi del cristianesimo vi furono in alcune parti dell'impero gli asceti, che vivevano nelle loro case, praticando 1'esercizio (ascesi) delle virtù insegnate dal Vangelo. Erano uomini e donne, spesso di condizione elevata, che si impegnavano a vivere in completa castità, rinunciando inoltre all'uso delle ricchezze con una vita di riservatezza e di distacco.
Nei secoli successivi incominciò l'anacoretismo. L'anacoreta si caratterizza per il suo distacco totale del mondo, per il suo essere monaco (solo), cioè in solitudine. Egli trovo nel deserto il luogo ideale per il suo spirito (di qui il nome di eremita da eremos = deserto).
Noto per questo genere di vita fu l'egiziano Sant'Antonio (251-356), che conosciamo attraverso il racconto della sua vita scritto da Sant'Atanasio e dal monaco Palladio. Verso il 270 Antonio si ritirò nel deserto accanto al Nilo e poi presso il Mar Rosso. Molte persone illustri andarono a visitarlo allo scopo di riceverne indicazioni e consigli. II suo esempio fu seguito in breve tempo da parecchi altri. Nello stesso periodo infatti un altro egiziano, Sant'Ammonio, pensò a creare comunità di eremiti the vivevano in celle separate. Invece San Pacomio (292-346), pure egiziano, volle unire i monaci in comunità sotto la guida di un superiore, in modo da utilizzare i vantaggi delta vita comune. Migliaia di persone accorsero nei cenobi (Cenobiti da Koinos bios = vita comune) di Pacomio e negli altri cenobi che furono istituiti rapidamente nei secolo IV in Egitto, in Siria, in Palestina, in Persia ed in Armenia. La regola di Pacomio, che fissava alcune norme per la vita monastica, si diffuse anche in occidente, in Italia e nelle Gallie.Tranne poche eccezioni i monaci non ricevevano 1'ordinazione sacerdotale.
Il più importante legislatore del monachesimo in oriente fu San Basilio, alla cui regola si ispirarono quasi tutte le manifestazioni delta vita cenobitica orientale. Egli mise l'accento, più che sul distacco dal mondo, sulla carità fraterna e presentò nelle virtù della castità, povertà e ubbidienza il nucleo della vocazione monastica.
I vescovi e i concili si occuparono del monachesimo e cercarono di disciplinarlo con norme aderenti allo sviluppo che andava prendendo. Contemporaneamente ai monasteri maschili vennero fondati quelli femminili, che ne condivisero lo spirito e l'organizzazione. I monasteri divennero un punto di riferimento, per chi cercava di attuare una perfetta vita spirituale e trovava negli esempi dei monaci l'indicazione del cammino da seguire. Molte forme di vita monastica si verificarono ovunque. Tra le più originali vanno ricordate quelle degli Ascemet (insonni), fondati all'inizio del secolo V da Sant'Alessandro. Essi recitavano e cantavano senza costa ed a turno i salmi per tutta la durata del giorno e della notte Anche gli eremiti continuarono a fiorire, specialmente nei paesi d'oriente. Tra questi e noto San Simone stilita (m. 459) che passò parte della sua vita su un'alta colonna (stiles).
Conosciamo la storia dei primi monaci attraverso alcune biografie dei Padri del deserto. Sono contenute in dieci libri. I1 primo narra la vita di S. Paolo, S. Antonio, S. Ilarione, S. Eufrasia, S. Eufrosina, S. Maria Egiziaca. Il secondo riferisce la Historia monachorum in Aegypto, il quarto raccoglie alcuni estratti di notizie fornite da Sulpizio Severo e da Cassiano. I libri III, V, VI e VII si limitano a fare conoscere alcune sentenze degli eremiti. L'ottavo riproduce la Storia lausiaca. Il libro nono riferisce la storia monastica di Teodoreto di Ciro, intitolata Teofilo e il decimo il Prato spirituale di Mosco. In appendice, oltre ad alcune sentenze, si trova il Paradiso attribuito ad Eraclide, vescovo di Efeso, ma quasi certamente opera di Palladio. Fra tutti questi scritti, opere per lo più di autori anonimi, i più importanti sono la Storia lausiaca e 1'Historia monachorum in Aegypto. La prima, dedicata a Lauso, ciambellano di Teodosio II, e dovuta a Palladio, monaco vissuto a Gerusalemme e in Egitto, nominato vescovo di Elenopoli in Bitinia e poi di Aspuna in Galazia, dove era nato. Il Palladio compose anche un Dialogo sulla vita di S. Giovanni Crisostomo. La Historia monachorum in Aegypto, attribuita per molto tempo a Rufino (nativo di Aquileia o di Concordia), e invece una traduzione da lui fatta di un'opera greca del secolo V, attribuibile forse a Timoteo d'Alessandria
II monachesimo, fiorito in oriente, trovò ben presto anche in occidente il terreno adatto per la sua diffusione, assumendo forme diverse a seconda dei tempi e dei luoghi.
Tuttavia non potè non ispirarsi alle caratteristiche proprie del mondo occidentale disposto ad armonizzare 1'attività tipicamente propria dello spirito (preghiera e liturgia) con 1'esigenza di operare nella società in cui era inserito. Lo stesso lavoro materiale divenne un elemento indispensabile per assicurare l'autonomia della comunità monastica e procurare vantaggi all'intera società.
Sant'Atanasio di Alessandria, quando venne a Roma nel 341, fece conoscere la vita cenobitica e Sant'Agostino nel suo soggiorno romano e milanese del 387-388 ebbe la possibilità di visitare diversi monasteri maschili e femminili.
Le comunità monastiche si moltiplicarono in altre parti d'Italia. Tra le pin note sono quelle fondate da Sant'Eusebio a Vercelli e da Sant'Ambrogio a Milano. Numerosi monasteri furono edificati anche nell'Italia meridionale e in Sicilia.
Una larghissima diffusione del monachesimo si riscontro in Gallia. Vi si distinse l'opera di San Martino di Tours (316-397) che con la fondazione del monastero di Marmoutier (Maius monasterium) contribuì allo sviluppo dell'ideale monastico e venne considerato come il santo nazionale dei franchi merovingi.
San Cassiano, (360 c.-435) di origine scita secondo Gennadio, portò in Occidente 1'esperienza dei Padri Orientali e la seppe adattare ai luoghi e ai modi della mentalità dell'occidente. Istituì un monastero a Marsiglia.
L'ideale monastico fu da lui delineato in due scritti: Le istituzioni cenobitiche, in 12 libri, che illustrano le regole della vita monastica e i vizi capitali, e le Conferenze (Collationes), itinerario dell'ascetismo per raggiungere la perfezione.
Sant'Onorato (m. 429) nell'isola di Lerins presso Cannes creò monasteri, centri di vita ascetica, culturale, scientifica e pastorale per tutta la Gallia.
Tra i monaci furono scelti alcuni tra i più famosi vescovi della regione, come Ilario d'Arles, Salonio di Ginevra e Cesario d'Arles, che contribuirono ad aumentare le vocazioni alla vita consacrata. Si incominciò anche ad avviare adolescenti e giovani alla vita monastica. Dalla Gallia il monachesimo giunse anche in Britannia con la fondazione di monasteri, divenuti celebri per la loro vita spirituale e culturale.
San Patrizio (389-461), promosse la fondazione di numerosi monasteri in tutta l'Irlanda e li fece diventare, in breve tempo, importanti centri di irradiazione della fede cristiana.
Ulteriore contributo al monachesimo fu offerto da San Colombano (540-615). Egli abbracciò la vita monastica a Bangor nell'Ulster e poi lasciò la patria. Spinto dal suo carattere vivace e intraprendente, si recò in Francia dove fondò numerosi monasteri, stabilendo il suo centro in quello di Luxeuil. Viaggiò poi in altre regioni della Francia, nel territorio degli Alemanni e in Italia, dove ottenne dal re longobardo Agilulfo il permesso di costruire un monastero a Bobbio. Quì terminò la sua vita. Le opere principali di Colombano sono: La regula monachorum, La regula coenobialis, il Liber de misura paenitentium e le Lettere. Fedele all'ideale monastico, egli si occupò anche delle vicende dei popoli e dei sovrani e non mancò di rimproverarli con vigorosa franchezza ogni volta the lo ritenne opportuno. Al suo passaggio fiorivano le vocazioni, sia maschili che femminili, alla vita monastica.
La sua regola era ispirata ad una rigida penitenza, con vigilie prolungate e lavori manuali. Tuttavia specialmente in Gallia, fu seguito in un gran numero di monasteri. Un discepolo fondò il celebre monastero di S. Gallo - Svizzera. Più tardi i successori di San Colombano a Luxeuil la mitigarono ispirandosi a quella di San Benedetto
In Irlanda il monachesimo si diffuse costantemente, dando una propria impronta a tutta 1'organizzazione ecclesiastica.
Giunto ad un grande sviluppo in breve tempo, il monachesimo in occidente mostrò di rispondere ad una vera esigenza spirituale. Era maturata 1'utilità di una regola che potesse dargli una stabilità e una indicazione concreta del modo di attuare una vita comune.
Le varie regole si limitavano a proporre linee di vita spirituale e a fissare alcune proibizioni.
II vero legislatore del monachesimo occidentale fu San Benedetto. Nato a Norcia nel 480, fondò diversi monasteri vicino a Subiaco e nel 529 quello di Montecassino, divenuto il centro del suo ordine e della diffusione del monachesimo in tutto 1'occidente. La vita e 1'0pera di San Benedetto ci sono note attraverso la biografia scritta dal papa Gregorio Magno, membro dello stesso ordine.
Come narra San Gregorio Magno, San Benedetto giunse alla stesura definitiva della «regola» a Montecassino. Egli elaborò la sua Regola a Montecassino. Nella sua stesura tenne presente la cosiddetta Regula magistri, che gli giunse però in una forma molto prolissa, diversa da quella definitiva. Era una raccolta di norme per la vita religiosa, gia in uso nei monasteri dell'Italia centrale e della Francia meridionale, specialmente a Lerins. A loro volta quelle linee di vita monastiche derivavano dall'esperienza di monaci italici e marsigliesi, formati sull'esempio di quanto era gia stato sperimentato in Egitto, Siria e Cappadocia, soprattutto sulla scia di S. Basilio, il grande maestro del monachesimo orientale.
Nella sua Regola (che consta di un prologo e di 73 capitoli), San Benedetto sottolinea alcuni elementi essenziali della vera vita monastica: la ricerca di Dio, l'impegno della preghiera, 1'ubbidienza e la vita comunitaria La giornata del monaco è scandita dalla preghiera e dal lavoro. La tradizione infatti identifica questo ritmo nell'espressione Ora et labora. Egli trova nel suo monastero tutte le componenti di un cammino spirituale tendente alla perfezione. Il servizio liturgico lo aiuta con un sostanziale apporto a compiere il suo cammino e la stabilitas gli consente un sereno distacco dal mondo esterno.
Punti fondamentali della vita monastica sono il dovere del lavoro e la lettura sacra, la lectio divina. Né viene dimenticata l'attivita intellettuale che prevede anche la conservazione e la copiatura dei manoscritti antichi. II lavoro manuale contribuì a bonificare i terreni e ad avviare le popolazioni ad un'attività proficua, nonostante il clima di guerra che continuò a permanere in tutto 1'occidente.
II titolo di Patrono d'Europa, decretato a San Benedetto da Paolo VI nel 1964, riconosce in lui e nel suo ordine uno dei maggiori artefici di quell'unità spirituale del nostro continente che gli sviluppi successivi della storia delle varie nazioni europee non riuscirono mai a superare e a cancellare. La cultura e la civiltà devono ai benedettini se il pensiero dei classici fu trasmesso fino ai giorni nostri e se le terre abbandonate poterono rifiorire per un costante sviluppo. Per questo il Gregorovius nella sua Storia di Roma nel Medioevo affermo che "nessun altro ordine seppe raggiungere l'importanza sociale dell'ordine benedettino".
Durante tutta la storia della Chiesa, i benedettini diedero un grande contributo anche all'attività evangelizzatrice, con missionari, con migliaia di vescovi e ventitrè papi, ma soprattutto tennero vivo l'ideale della perfezione cristiana, in quel clima di discrezione e di realismo che furono proprie del loro fondatore. S. Benedetto tenne sempre vivo nei suoi monasteri il senso dell'appartenenza alla Chiesa. Speciale attenzione rivolse alla missione dei vescovi, facendoli anche intervenire nella nomina degli abati del territorio della loro diocesi. A loro volta, gli stessi vescovi presero iniziative a favore dei monasteri e spesso ne promossero la fondazione
Fin dalle origini della Chiesa lo spirito della consacrazione a Dio esercitò una forte attrattiva anche su molte donne. Negli Atti degli Apostoli si parla delle quattro figlie del diacono Filippo: aveva quattro figlie nubili che avevano il dono delta profezia (21, 9).
Verso la fine del secondo secolo lo stato di verginità veniva considerato un genere di vita riconosciuto dalla Chiesa. Alcune donne subirono il martirio per mantenere fede al loro impegno di consacrazione a Dio.
Tra queste si ricordano Sotere, martire durante la persecuzione di Diocleziano, menzionata da Sant'Ambrogio come sua antenata paterna nel trattato De virginibus del 377, e Agnese, vittima probabilmente della stessa persecuzione.
In un primo tempo quelle che intendevano dedicarsi alla vita consacrata rimanevano nell'ambito familiare, perché non potevano isolarsi dalla vita comune, come invece facevano gli eremiti, per non esporsi a gravi pericoli. Si ha notizia di monasteri domestici negli scritti di Sant'Ambrogio, di San Girolamo e di Sant'Agostino (sec. IV-V).
Alcuni fondatori di ordini religiosi misero le loro sorelle a capo di analoghe istituzioni femminili. Cosi San Benedetto con la sorella Scolastica, San Basilio con la sorella Macrina e San Cesario. Altri fondarono monasteri femminili come San Martino, Cassiano, Onorato di Lerins. Gia nel secolo V esistevano all'est e all'ovest monasteri femminili e più di un padre della Chiesa scrisse trattati sulla verginità.
Dai tempi di Sant'Ambrogio risulta 1'esistenza di un rito liturgico istituito per compiere la professione religiosa. Nel De virginibus Sant'Ambrogio descrive la cerimonia della consegna del velo (velazione) celebrata a Roma da papa Liberio nel Natale del 353 nella basilica di San Pietro per la consacrazione di alcune donne tra le quali vi era la sorella stessa di Sant'Ambrogio, Marcellina. II rito liturgico della velazione è raffigurato anche in un dipinto nelle catacombe di Priscilla. L'instaurazione della vita comunitaria, sul tipo di quella dei cenobiti, aprì la via ad un più ampio sviluppo della vita consacrata femminile.
Nei monasteri gia fin dal secolo V si respirava un clima di elevata cultura. San Girolamo istruiva nella Scrittura le monache raccolte nel monastero di Betlemme. Sant'Agostino di Canterbury, nel secolo VI, favori la cultura nei monasteri femminili, che divennero centri di divulgazione della dottrina cristiana.
Sant'Ilda (614-680), figlia del re di Northumbria, fondò un monastero per le monache ed un altro per i monaci a Witby; li diresse come badessa e vi promosse studi di teologia, arte e letteratura.
I monaci irlandesi esercitarono un'azione promotrice di vocazioni religiose in diversi paesi d'Europa. A Nivelles, nell'attuale Belgio, la regola di S. Colombano fu accolta dalle monache per merito della badessa S. Gertrude (626-659), figlia del maestro di palazzo dei merovingi, Pipino di Landen. Essa chiamò monaci irlandesi che organizzarono nel monastero una Scuola di canto ed eresse un ospedale per i pellegrini irlandesi. L'esempio delle monache inglesi suggerì a S. Bonifacio di far sorgere un'attività analoga in Germania e di affidare a sua cugina, la benedettina S. Lioba (m.c. 782), la direzione dei monasteri femminili tedeschi.
A Heidenheim S. Valpurga accettò nel 761 la direzione del monastero doppio dopo la morte del fratello Vunnibaldo e divenne molto celebre per le sue virtù.
Un'altra illustre figura di monaca fu Adelaide di Vilich, (m. 1009), badessa di un monastero presso Bonn e poi di quello di S. Maria di Colonia.
I monasteri organizzarono scuole di due qualità: una per le ragazze che desideravano consacrarsi alla vita monastica, e un'altra per discendenti da nobile famiglia. Nei monasteri femminili venivano copiati i manoscritti dei classici e venivano compiute miniature artistiche. Per questo rimase famoso il monastero inglese di Thanet. Alcune badesse esercitavano anche funzioni giurisdizionali come la nomina di cappellani (Conversano in Puglia ed in alta Italia S. Giulia a Brescia e S. Benedetto a Padova).
Dal secolo VIII si riscontra una decadenza nella vita monastica con la diminuzione del numero delle monache, a causa della difficile situazione socio-politica. I vescovi favorirono la formazione di nuove istituzioni, che raccolsero le monache nelle città come ambienti più sicuri. Apparvero allora le canonichesse, istituzione che si richiamava alle diaconesse e che raggruppava le monache isolate, chiuse nella loro famiglia senza le osservanze monastiche della povetà e della clausura. Coll'andare del tempo queste monache si misero sotto la direzione di una abbadessa e si raccolsero in una casa con refettori e dormitori comuni. Esse erano di aiuto al clero per l'insegnamento del catechismo e per la cura dei poveri e degli infermi. Queste istituzioni si diffusero ampiamente in Germania nel secolo X.
I Monasteri doppi esistevano gia nel secolo VII e si moltiplicarono dal IX all'XI.
Erano comunità guidate da una stessa autorità, dove i monaci e le monache abitavano in ambienti vicini diversi. I monaci potevano cosi prestare alle monache 1'assistenza spirituale. Col tempo le monache scelsero una propria abbadessa per il governo della loro comunità. I monasteri doppi finirono cosi la loro funzione.
Un'altra forma di vita monastica era quella delle recluse, chiuse in una cella costruita accanto ad una chiesa. Alcune di loro si dedicavano non solo alla preghiera e al lavoro, ma anche agli studi, a copiare manoscritti e a scrivere. Ada, una reclusa (morta nel 1127) scrisse il primo poema in lingua tedesca.
Nei monasteri fiorirono le scrittrici mistiche che narrarono le loro visioni e costituirono esempi di altissima spiritualità. Tra queste si ricordano Santa Elisabetta di Schonau (m. 1164), Santa Ildegarde, badessa di Bingen (m. 1179), Santa Liutgarda, monaca cistercense di Ayuvieres (m. 1246), Santa Mechtilde di Magdeburgo (m. 1282), Santa Mechtilde di Hackerborn (m. 1290) e Santa Gertrude (m. 1302) "la grande".
In Italia si distinsero Santa Chiara di Assisi (1193-1253), Umiltà da Faenza (1226-1310), Margherita da Cortona (1247-1297), Angela da Foligno (1248-1309), Chiara da Montefalco (1268-1308), Caterina Vegri (1413-1463) e numerose altre nei secoli successivi.
Alcune trasformarono gli antichi ordini, adattandoli ai tempi e alle caratteristiche della vita femminile. Cosi Santuccia Terrebotti (m. 1302) fondò la congregazione benedettina delle serve di Maria e Santa Francesca Romana (m. 1440) le Oblate benedettine.