FRATTURAZIONE IDRAULICA COS'E'?
La fratturazione idraulica, spesso denominata con i termini inglesi fracking o hydrofracking, è lo sfruttamento della pressione di un fluido, in genere acqua, per creare e poi propagare una frattura in uno strato roccioso La fratturazione, detta in inglese frack job (o frac job) viene eseguita dopo una trivellazione entro una formazione di roccia contenente idrocarburi, per aumentarne la permeabilità al fine di migliorare la produzione del petrolio o dello shale gas contenuti nel giacimento e incrementarne il tasso di recupero .
Le fratture idrauliche possono essere sia naturali che create dall'uomo; esse vengono create e allargate dalla pressione del fluido contenuto nella frattura. Le fratture idrauliche naturali più comuni sono i dicchi e i filoni-strato, oltre alle fessurazioni causate dal ghiaccio nei climi freddi. Quelle create dall'uomo vengono indotte in profondità in ben precisi strati di roccia all'interno dei giacimenti di petrolio e gas, estese pompando fluido sotto pressione e poi mantenute aperte introducendo sabbia, ghiaia, granuli di ceramica come riempitivo permeabile; in questo modo le rocce non possono richiudersi quando la pressione dell'acqua viene meno.
Il primo uso di questa tecnologia per la stimolazione di giacimenti petroliferi avvenne negli Stati Uniti nel 1947 La prima azienda ad usarla commercialmente fu la Halliburton nel 1949 e vista l'aumentata produzione che provocò si diffuse rapidamente prima nell'industria petrolifera statunitense e poi in quella di tutto il mondo. Il primo uso in assoluto però è ancora più antico: secondo T.L. Watson risale addirittura al 1903. Prima di quella data ci sono prove di uso di questa tecnica nella cava del monte Airy, vicino Mount Airy, North Carolina dove si usava (e si usa tuttora) per separare blocchi di granito dalla roccia madre.
Negli Stati Uniti durante il 2011 sono state effettuate esplorazioni estensive di fitte rocce bituminose alla ricerca di petrolio
La fratturazione idraulica è sotto monitoraggio a livello internazionale a causa di preoccupazioni per i rischi di contaminazione chimica delle acque sotterranee e dell'aria. In alcuni paesi l'uso di questa tecnica è stata sospesa o addirittura vietata.
Rischi sismici
Le tecniche di microfratturazione idraulica del sedimento possono, in taluni casi, generare una micro-sismicità indotta e molto localizzata. L'intensità di questi micro-terremoti è di solito piuttosto limitata, ma ci possono essere problemi locali di stabilità del terreno proprio perché i sedimenti sono superficiali. Sono stati comunque registrati alcuni terremoti probabilmente indotti superiori al 5° grado della Scala Richter. Ad esempio nel Rocky Mountain Arsenal, vicino a Denver in Colorado, nel 1967, dopo l'iniezione di oltre 17 milioni di L al mese di liquidi di scarto a 3.670 metri di profondità, furono registrate una serie di scosse indotte localizzate nell'area, con una punta massima di magnitudo compresa fra 5 e 5.5.
Applicazioni
La tecnica della fratturazione idraulica è utilizzata per aumentare, o ristabilire, il ritmo di estrazione di fluidi come petrolio, gas e acqua, incluso da giacimenti non convenzionali come quelli carboniferi o le rocce bituminose. La fratturazione idraulica permette l'estrazione di gas naturale e petrolio da formazioni rocciose molto al di sotto della superficie terrestre (tra i 1500 e i 6100 metri). Tali profondità spesso non presentano porosità e permeabilità tali da permettere l'estrazione ad un tasso economicamente conveniente. Ad esempio, la fratturazione permette l'estrazione di gas naturale dalle rocce bituminose, un materiale estremamente impermeabile (tra i micro e i nanodarcy). La frattura crea un passaggio dal giacimento al pozzo, aumentando la portata dell'estrazione.
Mentre il principale uso industriale della fratturazione idraulica è stimolare l'estrazione di petrolio e gas la fratturazione idraulica è utilizzata anche:
- nella costruzione di pozzi idrici
- per preparare le rocce alla trivellazione di miniere
- per rendere più efficienti processi di riduzione delle perdite (di solito fuoriuscite di idrocarburi)
- smaltire perdite iniettandole in formazioni rocciose idonee;
- come metodo per misurare tensioni nella crosta terrestre.
Metodologia
Una frattura idraulica viene creata dal pompaggio del liquido fratturante nel pozzo, con una forza sufficiente per aumentare la pressione oltre il gradiente di frattura della roccia sottostante. Questo causa una o più crepe in cui il fluido entra e le estende ancora di più. Per mantenere aperta la crepa anche dopo l'arresto del pompaggio si aggiunge al fluido un materiale solido, normalmente sabbia setacciata, che viene portato dal fluido nelle fratture e impedisce loro di richiudersi completamente, creando un passaggio ad alta permeabilità per il fluido da estrarre.
Trivellare un pozzo produce schegge di roccia e detriti che possono infilarsi nelle crepe e nei pori della parete del pozzo, sigillando parzialmente il pozzo e riducendone la permeabilità: la fratturazione idraulica può ristabilire un adeguato flusso di estrazione dal giacimento. Per questo motivo è una misura standard adottata in tutti i pozzi trivellati in rocce scarsamente permeabili, e circa il 90% di tutti i pozzi di gas naturale negli stati uniti usa la fratturazione idraulica per produrre gas a un prezzo competitivo.
Il fluido iniettato nei pozzi può essere acqua, gel, schiuma o gas compressi come azoto, diossido di carbonio o semplice aria. Si usano anche vari tipi di materiale solido di mantenimento: di solito sabbia, ma anche sabbia con rivestimenti in resina o sferule di ceramica appositamente progettate a seconda del tipo di permeabilità richiesto o della pressione a cui il materiale dovrà resistere. A volte si usano sabbie contenenti dei traccianti radioattivi naturali, per poter seguire l'andamento delle fratture indotte nel sottosuolo. La proporzione fra fluido di fratturazione e materiale di mantenimento è in genere 99% fluido e 1% di materiale.
Per rilevare la dimensione e l'orientamento delle fratture provocate si esegue un monitoraggio microsismico durante il pompaggio di fratturazione, installando schiere di geofoni in pozzi adiacenti. Mappando i microsismi dovuti alle fratture in crescita si può dedurre la geometria approssimativa delle fratture. Altre importanti informazioni sugli sforzi indotti nelle rocce si ottengono piazzando schiere di inclinometri.
L'equipaggiamento standard per la fratturazione che si usa nei campi petroliferi comprende un miscelatore dinamico, una o più pompe ad alta pressione e alto flusso (di solito pompe triple o quintuple) e una unità di monitoraggio sismico. Altro materiale necessario sono serbatoi, tubature ad alta pressione, unità additivanti e manometri per tenere sotto controllo la pressione, il flusso e la densità del fluido durante l'iniezione. I valori di pressione e flusso del fluido variano molto nelle varie fasi: l'iniezione inizia con bassa pressione e flusso anche di 265 litri al minuto. Nella fase di sforzo la pressione aumenta fino a valori di 100 MPa e il flusso diminuisce gradatamente.
I giacimenti di gas, “convenzionali” e “non convenzionali”: due differenti tecniche estrattive.
Il gas metano, che ovunque si usa quale combustibile fossile, è il risultato di un processo millenario di sedimentazione e decomposizione di materiale organico il quale, depositatosi sugli antichi fondali marini fra 145-90 milioni di anni fa, venne ricoperto, nel corso dei millenni, da sedimenti e ulteriori strati rocciosi in seguito ai movimenti tellurici della crosta terrestre che hanno dato l’aspetto attuale ai continenti.
Dalla decomposizione di questa materia organica si sono generati gli idrocarburi (nel caso in esame, il metano) inclini a spostarsi verso la superficie, se nulla impedisce la loro risalita. Nel loro percorso verso l’alto dalle profondità della terra, gli idrocarburi possono, in una prima ipotesi, incorrere in quello che viene definito in gergo una “trappola”, vale a dire uno strato di rocce impermeabili che ne blocca la migrazione e ne favorisce l’accumulo massivo nella stessa, venendo così a costituire un giacimento di tipo “convenzionale”.
In tale ipotesi, il procedimento estrattivo tradizionale degli idrocarburi consiste nell’intercettare la “trappola” impermeabile e, attraverso un processo di trivellazione, bucare lo strato che imprigiona il gas andando a permetterne la naturale risalita dello stesso. Questo è il procedimento estrattivo del gas metano definito “convenzionale”.
Per converso, in una seconda ipotesi, è possibile che, nel loro processo di risalita, gli idrocarburi siano incappati non in una “trappola” impermeabile, ma in uno strato roccioso sedimentario, poroso e permeabile (le c.d. rocce di scisto) venendo assorbiti da esse: si forma così un giacimento gassoso “intrinseco” alle rocce di scisto definito di tipo “non convenzionale”.
La tecnica della fratturazione idraulica è stata studiata al fine di ricavare il gas da questo secondo tipo di giacimenti “non convenzionali”.
Il procedimento estrattivo del gas “non convenzionale” si serve, in principio, di una tecnica ormai collaudata in campo di perforazioni in mare aperto, ossia quella della trivellazione orizzontale: una trivella discende fino al giacimento di rocce di scisto, le perfora e comincia a trivellare lo strato roccioso da esse costituito attraversandolo in senso orizzontale. In questo condotto orizzontale vengono calate e fatte saltare delle cariche per aprire delle fenditure nello strato roccioso. A questo punto entra in gioco il secondo passaggio, innovativo, che consiste nel pompare nel pozzo, ad una pressione di centinaia di atmosfere, una soluzione (rectius flusso) composta da acqua, sabbia e sostanze chimiche (meglio specificate a seguire). Gli additivi chimici hanno la funzione di blandire le rocce di scisto e mantenere basso il coefficiente di viscosità del fluido; la pressione di iniezione esercitata da suddetto fluido causa delle macro fratture nello strato roccioso, mentre la sabbia svolge il compito di impedire che le fratture si richiudano di modo da permettere il rilascio di quelle preziose micro particelle di gas imprigionate all’interno delle rocce di scisto.
I vantaggi ed il lato oscuro del fraking.
L’innovativa tecnica estrattiva del fraking, fantascientifica fino a pochi anni or sono, è stata recentemente applicata con successo in Nord America, su un grande giacimento di rocce di scisto detto “Marcellus Shale”, fra gli stati dell’Ohio, West Virginia, Virginia, Pennsylvanya e New York. L’attività estrattiva sulle “Marcellus” sta ottenendo concreti risultati da parte di alcune compagnie pioniere del settore (Quicksilver Resources, Chevron, Halliburton e altre...) capaci oggi di estrarre gas “non convenzionale” a costi competitivi.
Il buon esito dello sfruttamento dalle rocce di scisto (da sempre considerato proibitivo per gli elevati costi di attuazione) ha generato gran entusiasmo in vari paesi del mondo, sull’onda del fervore che negli USA ha consacrato il gas “non convenzionale” quale antibiotico “per ogni male” in termini di sviluppo, occupazione e indipendenza energetica.
In quegli Stati nordamericani nel cui sottosuolo si nascondono le rocce di scisto, tradizionalmente i meno industrializzati e dalle economie più depresse, si sta assistendo in questi ultimi anni a una rapida evoluzione infrastrutturale e dei servizi che gravitano intorno alle grandi industrie estrattive del gas di scisto, non trascurando neppure l’incremento di forza lavoro che questi grandi impianti estrattivi richiedono: una nuova rivoluzione industriale, dunque, in territori di forte e radicata tradizione agricola.
Ad un primo sguardo, la fonte energetica “riscoperta” attraverso lo sfruttamento dei giacimenti di gas “non convenzionale” promette sicuri vantaggi che possono riassumersi in tre punti essenziali:
1) offre una risorsa energetica nazionale e a basso costo (fino al 50% in meno, rispetto al gas convenzionale d’importazione);
2) favorisce l’indipendenza energetica da altri paesi produttori di gas convenzionale.
3) sviluppa zone periferiche economicamente depresse;
4) crea nuovi posti di lavoro.
Tutti i validi motivi sopra citati, e in particolare il primo due fra quelli annoverati, stanno suscitando un fortissimo interesse europeo nei confronti delle nuove opportunità riconducibili all’estrazione e la raffinazione del gas di scisto.
Ed invero, soprattutto i paesi dell’est, come Polonia, Romania e Bulgaria, il cui sottosuolo è ricco di giacimenti di rocce di scisto, stanno considerando con particolare interesse la concreta possibilità di “importare” la nuova tecnica estrattiva, divenendo produttori di energia a basso costo. Ed è presente in queste giuste ambizioni produttive un più che legittimo entusiasmo ad investire in una tecnologia innovativa ma anche un desiderio di emancipazione dalla travagliata dipendenza energetica dalla Russia (ed in particolare, dagli umori di Mosca, le cui vertenze con questo o quel paese non di rado hanno reso altalenante la fornitura di gas verso alcune delle ex repubbliche sovietiche).
In tale contesto, anche l’Italia sta guardando ad una simile prospettiva con gran entusiasmo: Eni ha acquisito il 27% della Quicksilver e la Sorgenia ha sottoscritto con il governo polacco accordi per sfruttamento delle notevoli risorse minerarie di cui è dotato il sottosuolo di quel Paese.
Questo acceleramento degli eventi deve, a ogni buon conto, essere colto come occasione preziosa per una seria e oculata riflessione su ciò che sta attualmente accadendo proprio nel paese in cui, in tema di fratturazione idraulica, tutto ha avuto inizio: gli USA.
Nel 2000 è stato girato un documentario inchiesta sulla crescita vertiginosa degli impianti estrattivi del gas di scisto in Nord America, che ha sollevato grande scalpore nell’opinione pubblica americana. In questo reportage del regista Josh Fox, “Gasland” (2010), è stato posto l’accento sul problema degli effetti indesiderati prodotti dall’attività estrattiva di gas “non convenzionale”.
Il Professor Anthony R. Ingraffea, docente di Ingegneria Civile presso la Cornell University di New York e pioniere nello studio del procedimento estrattivo del gas di scisto, riassume in cinque punti i pericoli che comporta il procedimento estrattivo da un giacimento non convenzionale, problemi scientificamente certi, già riscontrati e attualmente oggetto di ulteriori studi:
1) la fratturazione delle rocce di scisto è un processo che per essere portato a compimento necessita di enormi quantitativi d’acqua, sottraendo la stessa all’agricoltura, all’allevamento e, più in generale, ai bisogni delle popolazioni;
2) le sostanze chimiche, in aggiunta all’acqua, che vanno a comporre il flusso iniettato nel pozzo orizzontale sono, metanolo, acido cloridrico, acido glicolico, glicole etilenico, formaldeide, tutte sostanze chimiche altamente tossiche. Le stesse filtrano attraverso lo strato roccioso (che si ricorda, non è impermeabile) inquinando le falde acquifere;
3) i giacimenti di rocce scisto contengono radio 226. Il fluido chimico che le attraversa per causarne la fratturazione, quando risale verso la superficie per essere stoccato e, nel migliore dei casi, smaltito, porta con sé materiale radioattivo e cancerogeno. La fratturazione idraulica non produce, quindi, solo rifiuti liquidi tossici, ma anche radioattivi.
4) il continuo viavai di automezzi pesanti, autocisterne, autopompe e quant’altro, viola e stravolgendo la conformazione paesaggistica e biologica di quei luoghi (prima incontaminati) che hanno la sfortuna di ospitare i pozzi di gas, incrementando il traffico e il caos nei centri urbani.
In definitiva, per molte organizzazioni ambientaliste gli impianti estrattivi di gas “non convenzionale” sarebbero delle autentiche bombe ecologiche in grado di fare “terra bruciata” intorno a loro, a discapito di risorse idriche potabili, agricoltura, allevamento e paesaggio.